martedì 9 gennaio 2007

Videogiuochi d'un teNpo

Faccio seguito a un post - vecchiotto - di Eldacar che dal suo blog mi ha fatto venire in mente un po’ di cose…
Capitan Costina s’è fatto tutte le rivoluzioni videoludiche e ha partecipato alle console war.
Un bel cavolo di reduce con le sue cicatrici.
Un po’ nel portafoglio (con gli anni si sono rimarginate anche se il virtual boy fa ancora un po’ male quando cambia il tempo) e il resto nelle scatole giù in cantina. Non è sbrodoloneria, si tratta di semplice anagrafe. E’ che nel 1978 c’ero ed ero anche già abbastanza sviluppato per coordinare in modo coerente gli occhi e le mani, triangolando poi il tutto con uno schermo in bianco e nero. Lì sopra c’era una piccola postazione di contraerea che sparacchiava suppostine bianche facendo “piiif”.
Si: ero lì quando sono arrivati i videogiochi ed ero lì anche quando aprirono le prime sale giochi. C’ero quando se avevi meno di 16 anni non potevi entrare. C’ero quando si giocava con la paura del Gufo che ti si metteva dietro e, fissando lo schermo, ti alitava sull’orecchio cipolla, fumo o Big Bobble come un maniaco, fino a quando non mollavi la postazione. Ricordo ancora l’arrivo di Dragon’s Lair nella sala giochi di Varese, la mitica Wanna Gonna oggi piena di slot, videopoker del menga e residui arcade vecchi di almeno cinque anni. Ricordo le code per giocare e il pubblico ancora più numeroso che si fermava a guardare le partite di quelli bravi, forse per rubare le mosse o vedere come andava a finire Dirk, il principe sfigato, o spiare le poppe della sua fidanzata Daphne. Erano gli anni delle “star” delle sale giochi. Una cosa tipo Pinball Wizard, ma come citazione è troppo retrò e per molti, forse, non vuole dire niente. Comunque ogni sala aveva una stella o più d’una, come le città del bestiame del Far West avevano il loro sceriffo, ragazzi più grandi che passavano un sacco di tempo lì dentro e che comparivano in sella a cinquantini modificatissimi, puzzolentissimi e rumorosissimi. Posteggiavano il destriero, accendevano la Chesterfield ed entravano nel locale. Che stile… L’effetto medio, agli occhi dei “normali” era quello dei pistoleri che compaiono nel saloon e si guardano in giro in cerca di sfidanti. Pupille d’acciaio tagliavano l’aria con lo sguardo da “questo posto non è abbastanza grande per noi due. Domani il sole splenderà sopra un unico re di (Tempest - Joust - Spy Hunter – Gauntlet – Hyper Olympics a.k.a. Track&Field… scegli un classico a caso)”. Esattamente come i pistoleri del Far West, ognuno aveva la sua arma preferita: il gioco di calcio, il picchiaduro, le corse, lo shooter e così via. Le sfide, spesso, si concludevano con l’esilio del perdente nei bar, in quelli che avevano l’antro buio con i videogiochi, dal quale lo sconfitto ogni tanto tornava (tipo “Pecos è qui: prega e muori” – 1966, Maurizio Lucidi) tentando di lavare l’onta subita o semplicemente proponendosi come re di nuovo gioco…
Le console hanno ammazzato le sale? Non so con certezza chi è stato a dare la prima pugnalata, quello che credo è che l’ingordigia dei gestori abbia sferrato l’ultima.
Le sale giochi in Giappone sono numerose, pulite, illuminate e frequentatissime. Il mercato delle home console e del software relativo è uno dei più vitali al mondo.

Ai bei tempi un gettone costava 200 lire, ma non ci sono più le mezze stagioni e rosso di sera bel tempo si spera.

Ps
Il tipo in foto mi somiglia, penso, ma si tratta di George Black – Texas Ranger, 1895 circa - sono vecchio ma non così tanto...

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