martedì 13 marzo 2007

23-20

Cosa scrivere sul pomeriggio di sabato senza essere banali? Francamente non lo so, anche se la mia vena polemica pulsa violentemente. La notizia vera non è che abbiamo battuto il Galles, squadra a cui quest’anno non glie ne va bene mezza. La notizia vera è che giochiamo ad alto livello da diversi anni, solo che ora riusciamo a rimediare agli errori, a non perdere la calma nei momenti difficili e, soprattutto, a segnare. Punto. Quello che mi fa innervosire è che tutti i giornalisti pallonari (gente che i.m.h.o. e con pochissime eccezioni rappresenta lammerda della professione che ho scelto) si tuffino a bomba sul rugby e pretendano di raccontare al mondo quanto sia bello, quanti valori abbiain serbo e, soprattutto, quante lezioni possa dare al calcio. Il tutto, logicamente, senza capire una mazza di rugby, senza conoscerne i protagonisti e le regole. Vorrei ricordare a queste teste piene solo dell’aria dei palloni che se il rugby ha goduto, fino a qui, di poca visibilità è stata anche colpa loro, troppo impegnati a beccare le briciole che cadono dal tavolo del calcio, a sgomitare per una cazzo di trasferta al seguito di una squadra di calcio o a elemosinare il sorriso di un presidente importante mentre facevano gli arroganti con chi non contava niente. Vorrei ricordare a queste teste piene solo dell’aria dei palloni che hanno mostrato gli stessi entusiasmi, negli ultimi vent’anni e in ordine sparso, per il basket, la vela, il volley, il canottaggio, il nuoto, l’hockey, lo sci, di nuovo il basket e ancora il volley quindi ciclismo, motociclismo e forse mi sono dimenticato qualcosa. Vorrei ricordare a queste teste piene solo dell’aria dei palloni che il rugby non è diventato bello quest’anno e nemmeno la scorsa settimana, lo è sempre stato ed è sempre funzionato in questo modo. Fortunatamente c’è il commentatore di La7 che ne sa qualcosa e Pierre Villepreux che non va nemmeno presentato per quanto grande è stato. Unico appunto la presenza dell’insopportabile pallonaro imbucato, giustamente confinato in curva a raccogliere gli umori del pre e del dopo partita. Allora: che i giornalisti pallonari (morti Barenson, Beppe Viola, Gianni Brera e Paolo Valenti) siano tra gli esseri umani più ignoranti presenti su questo piano dimensionale ci può anche stare, tanto si rivolgono a un pubblicobbestia come loro. Ma se mandi un pallonaro a intervistare degli stranieri, assicurati che conosca la lingua e sappia tradurre adeguatamente (e perché no, televisivamente) un bellissimo concetto come “abbiamo perso, ci sono mancate le palle e la volontà, voi avete giocato bene e avete meritato di vincere, bella partita e meravigliosa giornata di rugby”. Il pallonaro, ovviamente, ha capito solo “good game” e quello ha tradotto.
Ultima nota: durante le partite del Sei Nazioni s’è visto un bel po’ di sangue, nasi schiacciati e sopracciglia tumefatte, aperte e "sprizzanti". Per non parlare degli infortuni che hanno lasciato a casa un buon numero di rugbisti italiani. Dubito che tra i pallonari, stavolta intesi come atleti, ci sia qualcuno che coglierà l’occasione per smetterla di rotolarsi a terra dopo un fallo come se fosse stato preso a badilate sulle tibie, salvo riprendere a zampettare regolarmente dopo qualche secondo per tranquillizzare lo sponsor.

Visto che questo post ha come etichetta Games, devo parlare anche di videgiochi: Electronic Arts produce anche giochi di rugby. In effetti uno solo. Ma non vale perchè EA fa anche giochi di cricket. Tanto per dire.

Ps
Parlo bene del rugby perché lo conosco, perché ho avuto la fortuna di vederlo dal vivo ad alto livello fin dall’86 (prima proprio in Scozia, in Inghilterra e Irlanda poi). Parlo bene del rugby perchè l’ho giocato per tre anni alle medie (insieme al basket). Parlo bene del rugby perché certe cose te le insegnano e altre le capisci da solo. Ad esempio, se fai parte del pacchetto di mischia e non ti metti lo scotch sulle orecchie, a volte te le portano via.

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