mercoledì 23 gennaio 2008

Sono solito lamentarmi solo ed esclusivamente quando: 1) ne vale davvero la pena perché c’è in zona una che mi fa i grattini 2) ne ho le palle stragonfie di questo o di quello.
Va detto che da quando c’è ‘sto blogghino qua mi lamento meno, un po’ perchè alcuni rodimenti me li sono tirati fuori qui sopra, in metafora o senza codifica (la prima se avevo voglia di riderci su), un po’ perché quando le palle passano da stragonfie a “esplose”, il mio desiderio di comunicare con gli esseri umani passa a zero.
Ma queste parole le devo proprio scrivere perché… perché si, cioè… voglio dire. Non è che ci deve essere sempre un motivo e una spiegazione per tutto. Quindi: vai con la lamentela.
Negli ultimi dieci anni credo di essermi comportato abbastanza bene con i miei simili e bene, se non addirittura benissimo, con gli animali. Credo di aver aiutato un certo numero di rappresentati dell’una e dell’altra specie ottenendo in cambio molto di più dai secondi che dai primi.
Niente di strano.
Non che faccia mai qualcosa aspettandomi un tornaconto di qualche genere, quello mai.
Ma un minimo di riconoscenza quello, beh… non fa mai male all’ego.
Così la pensavo fino a qualche tempo fa quando, per ragioni che non voglio stare a scrivere perché non c’ho tempo, voglia, tra un attimo è pronto in tavola e (specialmente) sono cazzi miei, mi sono trovato io ad avere bisogno degli esseri umani.
Tutti quelli che mi “dovevano qualcosa”, un po’ mafioso come concetto, ma rende l’idea, sono scomparsi, chi dietro montagne di parole e chi dietro il proprio dito che, si sa, nasconde pochissimo.
Un grazie va al mio fratello biker Ciupa, apparentemente duro come un camion di mattoni, dal quale non mi aspettavo il gesto che invece ha fatto. Non ho accettato per diversi motivi ma è stato l’unico a muoversi concretamente per aiutarmi a risolvere la situazione.
Chi mi ha deluso è un’altra serie Amici, presenti finché le cose andavano bene, scomparsi tra figli e mille impegni, veri o presunti.
Come sempre, quindi, ho fatto da solo e mi sono rialzato, sono rimontato in sella per un’altra carica. Ma stavolta c’è un differenza: d’ora in poi vivrò seguendo rigidissimi criteri di selezione perché per quanto non abbia paura di niente, come diceva Gaber, “a me mi fa male il mondo”.
Quindi, d’ora in poi, penso solo a me stesso e ai pochi che scelgo.
Si fottano tutti gli altri.
No more Mr Niceguy.

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